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La rete delle donne

LA RETE DELLE DONNE

Sabato, 1 marzo al T-Hotel si è tenuta la prima Assemblea delle elette e delle Amministratrici della Provincia di Cagliari, primo passo verso la costituzione di un coordinamento permanete tra le donne impegnate in politica.

di Marianna Piga

 

Ancora oggi le donne presenti all’interno delle istituzioni vivono una condizione di solitudine politica: talvolta sole in giunta o in consiglio, trovano difficile esprimersi e farsi capire. In Provincia di Cagliari, la Giunta Milia vive una condizione privilegiata perchè può contare sul 50-50, ma in Consiglio la situazione è opposta dal momento che sono presenti solo due donne a fronte di 30 consiglieri.”

Con queste le parole con l’Assessore al Lavoro Pdci della Provincia di Cagliari Maria Carla Floris ha iniziato il suo discorso in occasione dell’Assemblea delle elette e delle Amministratrici della Provincia riunitasi sabato 1 marzo al Jolly Hotel.

La Floris ha posto l’accento sulla necessità di fare rete, di fare fronte comune e trovare momenti di coesione e collaborazione tra le donne presenti dalle istituzioni non solo per uscire dall’isolamento ma anche per di accrescere le proprie competenze personali e per migliorare la politica.

Parlando della sua esperienza personale in merito alla collaborazione con le donne amministratrici, la Floris ha espresso giudizi assolutamente positivi, ricordando la proficuità del lavoro svolto in sinergia con gli Assessori donna del resto d’Italia e con le sue colleghe in giunta ed in consiglio provinciale. “Peccato – ha continuato la Floris- che la cooptazione delle donne nelle liste elettorali avvenga ancora per dosi omeopatiche”. Secondo l’Assessore, infatti, nessuna lista è legittimamente proponibile se non rispetta il criterio del 50-50, almeno fintanto che persiste la scarsa presenza delle donne all’interno delle istituzioni.

Nell’intervento della Floris non è mancato il riferimento agli attacchi vergognosi e alle provocazioni scandalose degli ultimi mesi contro la L. 194 che si portano dietro nient’altro che il rifiuto del riconoscimento delle donne come persone moralmente responsabili. “In un clima come quello attuale-argomenta la Floris- in cui gli attacchi alla libertà di decidere del proprio corpo ed alla laicità dello Stato sono all’ordine del giorno, diventa maggiormente indispensabile l’autonomia reddituale delle donne e diventa ancora più importante costruire un fronte comune che dia maggior peso alla presenza delle donne all’interno delle istituzioni per difendere i diritti che sono stati conquistati con tanta fatica”.

 

A conclusione del suo discorso Floris ha inoltre espresso la necessità di modificare il linguaggio della politica affinchè risulti comprensibile a tutti e ha indicato il precariato quale causa principale della scarso interesse manifestato dalle giovani donne verso la politica. “Contrariamente a quanto accadeva 10 anni fa, la situazione di precariato in cui si trovano a vivere la maggior parte delle giovani donne oggi, rende il loro accesso alla politica un lusso che in poche possono permettersi. Mentre, infatti, 10 anni fa, le donne erano in grado di dedicarsi all’attivismo politico perchè sul fronte professionale godevano di una situazione pressochè stabile, oggi le giovani donne sono totalmente distratte ed assorbite dalla ricerca foss’anche solo di un barlume di certezza lavorativa da non disporre di energie sufficienti da dedicare alla politica”.

L’iniziativa del 1 marzo, organizzata dalla Presidente della Commissione Pari Opportunità della Provincia di Cagliari, Rita Corda, ha avuto diversi contributi illustri tra cui quelli di Anna Oppo, Professoressa Ordinaria di sociologia dell’Università di Cagliari e di Paola Piras, Professoressa ordinaria di Diritto Amministrativo. Sono intervenuti altresì il Presidente della Provincia Graziano Milia, La Vicepresidente del Consiglio provinciale Laura Pulga, oltre che diverse rappresentanti degli organismi di parità locali e nazionali e diverse amministratrici e consigliere comunali e provinciali.

Vi ripropongo, data la sua forte attualità, alcuni passaggi di un articolo del nostro compagno Vincenzo, scritto il 1° Gennaio, giacchè lui non conosceva pause neanche a Capodanno…

Ritengo utile tornare su questo articolo di Vincenzo, dal momento che con l’approssimarsi della imminente campagna elettorale, non solo per le politiche ma anche in vista delle numerose sfide che ci attendono a livello locale, nei vari comuni, è importante definire ancora una volta e chiarire le responsabilità e i compiti di ciascuno di noi. Sia come militanti che come dirigenti.

Come ha scritto la compagna nel suo commento all’articolo, così come un corpo per funzionare al meglio,necessita di ogni suo organo, nessuno escluso, allo stesso modo un partito per dare il meglio di sé, sopratutto in campagna elettorale, deve valorizzare a pieno ogni sua particella, ogni suo organismo.

Come dire, nel nostro partito niente può funzionare al meglio, se non si riconosce a ciascun compagno come a ciascun organismo, ad ogni livello, di sezione, federale o regionale che sia, dignità e ruolo. Che tradotto non è altro che l’elementare assunto di sapere chi deve fare e che cosa nel pieno rispetto dell’autonomia e del ruolo di ciascun organismo.

In caso contrario, si genera confusione, ci si abbandona all’improvvisazione o peggio ancora si rischia di generare nei compagni quel senso di scoramento e delusione che accompagna generalmente situazioni di mancato rispetto delle regole o peggio di prevaricazione dei ruoli, e questo nuoce all’organizzazione.

In un momento delicato e importante come questo, non possiamo permettere a niente e a nessuno di inficiare l’entusiasmo e la passione che anima ciascuno di noi, ci aspettano giornate di intenso e duro lavoro compagni e serve il contributo di ciascuno perchè il nostro è un Partito dove nessuno è inutile!

Carla Floris

La Federazione, Doveri Obblighi e Prerogative

Di Vincenzo Romano.

“Ma il partito non verrà meno a questi suoi compiti soltanto se sarà esso stesso la personificazione della disciplina e dell’organizzazione, se sarà il distaccamento organizzato del proletariato. Altrimenti esso non potrà pretendere di conquistare la direzione delle masse proletarie”.
(A.Gramsci, Ordine Nuovo, 1° novembre 1924)

Mutatis mutandis l’intuizione (e dottrina) di Gramsci si impone ancora con la forza che prorompeva dalle idee di quel minuscolo sardo dalla testa immensamente grande rispetto al mortificato se pur forte ed allenato corpo. Il fatto è che i molti che lo studiarono hanno dimenticato, gli altri non lo conoscono se non per un sentito dire, nell’iconografia delle sedi del PdCI accanto a Togliatti e, soprattutto Enrico Berlinguer.

… vogliamo affrontare –con una certa base storica- il problema della Federazione; concetto che pure era presente in Gramsci (vedi l’accoppiata cellula-assemblea territoriale che rileva sotto il punto di vista dell’azione allora “rivoluzionaria”). “La questione delle cellule è certamente anche un problema tecnico di organizzazione generale del partito, ma prima di tutto essa è una questione politica.… Evolutisi i tempi dalla “cellula” di fabbrica che però il nostro statuto ancora contempla ammettendo l’aggregazione di soli 5 compagni per la costituzione di una “sezione sul posto di lavoro”, esaminiamo il fulcro dell’azione politica che viene ora assegnata alla sezione e direi ancor meglio alla più vasta aggregazione di sezioni sul territorio che è la Federazione. Per la sua struttura in Segreteria e Comitato di federazione è capace di abbracciare iscritti di varie sezioni: cittadine, di fabbrica e rurali, di accoglierne le istanze e di elaborare un progetto politico (che lo Statuto si preoccupa di “armonizzare” con le istanze regionali e nazionali). La Federazione assume, in tale contesto, una imprescindibile funzione di “laboratorio politico” entro il quadro della politica nazionale adattandola –piuttosto che pedissequamente seguendola- alle realtà che sono diverse quante sono le cellule, sezioni e sezioni allargate del suo territorio di competenza. In caso contrario la Federazione sarà la ruota di scorta di un eventuale Comitato regionale che, non potendosi muovere con l’agilità che invece la federazione ha come gene marcatore tenderà, per naturale inclinazione a servirsi della federazione come propria longa manus impegnandola in questioni piuttosto che politiche di natura burocratica. Dico di più la Federazione che così si trovasse od agisse non avrebbe più quell’indipendenza e responsabilità politica da permetterle un autonomo sviluppo e torneremo a Mao. Il quale si preoccupa di cose elementari, come il “parlarsi alle spalle” invece che chiedere agli organi dirigenti perché –e qui non c’è occorrenza del pensiero cinese- se sorge un problema occorre, e si deve, portarlo all’attenzione dei compagni, affrontarlo, discuterlo e naturalmente risolverlo. Questo è il compito nel Partito delle Sezioni, nelle aggregazioni territoriali, nei Comitati su fino al comitato centrale.
Ogni diverso comportamento avrà nefaste conseguenze, Inimicizie e sospetti fra i compagni;
Caduta dello spirito di iniziativa e progettazione politica;
Subordinatezza a Comitati e segreterie di superiore livello.
La federazione, così fatta, perderà la propria funzione di indirizzo politico territoriale, non acquisirà le conoscenze dei problemi e istanze del territorio e sarà l’anello debole di tutta la struttura che si ripercuoterà, verso il basso con l’inattività delle sezioni; verso l’alto nel non rappresentare al Comitato regionale la spinta che dal basso proviene dagli iscritti, dai lavoratori e dalla realtà sociale.
L’autonomia funzionale della Federazione è quindi essenziale per la vita del Partito, così come lo è la gerarchizzazione delle Sezioni che non devono assumere ciò come elemento di limitazione, ma accoglierlo con spirito di collaborazione e sostegno. Di pari passo la Federazione sarà organica alla struttura regionale ed alla Direzione nazionale senza che queste, nel contempo, ne tarpino iniziative e la sopravanzino in campo decisionale.
Nel quadro vasto del partito, riprendendo un vecchio esempio marxiano –poi caro a Gramsci- potremo fare un’interpolazione sulla funzione della struttura e delle sovrastrutture. Esse non sono avulse o sovraordinate o sottordinate se considerassimo Sezione, Federazione e Organi Centrali dovremo avere in mente quanto segue: le sezioni sono la carne viva del Partito, gli Organi centrali la pelle che tiene unita la carne e la Federazione è quel sottilissimo strato intermedio che unisce la carne alla pelle e permette, data la sua intrinseca elasticità, di fare in modo che anche il peggiore agglomerato assuma la sua propria forma organica.

(Vincenzo Romano 01.01.2008)

OLIVIERO DILIBERTO A CATANIA

Per noi le elezioni non sono come le Olimpiadi: l’importante non è partecipare, ma vincere.”

di Marianna Piga

 

“Dare più forza alla sinistra” . È questa, secondo Diliberto, la formula necessaria ad evitare un governo di alleanza obbrobriosa tra Pd e Pdl, definiti “i promessi sposi della politica italiana”.

Ieri, in occasione dell’apertura della campagna elettorale siciliana a sostegno dell’ex sindaco di Gela Rosario Ciocetta come governatore della Regione e del deputato Orazio Licandro come sindaco, Diliberto ha commentato anche la scelta del Pd di correre da solo definendola una scelta dal carattere autolesionista e lesionista insieme, sintesi di una pulsione omicida e suicida al contempo riferendosi alla responsabilità del Pd di favorire, con tale decisione, l’ascesa del centro-destra. Da qui la sua opinione sul Pd, nei confronti del quale dice di pensare “tutto il male possibile” per la convergenza col Popolo della libertà.

A fine comizio, Diliberto fa alcuni commenti sulle confluenze delle forze politiche verso i due poli:“Dini e Mastella hanno votato contro Prodi. Citando Leonardo Sciascia, possiamo dire che sono stati i “pugnalatori” e, non a caso, hanno trovato spazio nelle liste del nuovo partito di Berlusconi”; mentre parlando dei radicali afferma che “dal momento che hanno sempre sostenuto una politica all’americana, la loro collocazione naturale sarà all’interno del Pd che si muove in quella direzione”.

Per quanto riguarda la posizione del Pdci alle prossime elezioni, Diliberto ribadisce la propria adesione alle liste della Sinistra Unita. “Per noi le elezioni non sono come le Olimpiadi: l’importante non è partecipare, ma vincere. Per questo motivo il candidato premier delle nostre liste sarà il leader del partito più grande della Sinistra Unita, ovvero Fausto Bertinotti”

Fonte:Adnkronos

Si è svolto il comitato federale e dopo ampia discussione è stata approvata l’apertura della sezione universitaria A Cagliari. E’ stata ricordata, alla presenza di Silvana e Alessandro, la figura ed il pensiero politico di Vincenzo Romano. Si è affidato alla componente femminile del comitato federale il compito di nominare una compagna perché faccia parte della commissione provinciale pari opportunità. Alla riunione hanno partecipato numerosi compagni/e e la maggior parte di essi è intervenuta nel dibattito che ha avuto momenti di profonda commozione e di lucida riflessione politica. La riunione è terminata con l’auspicio di un forte impegno di tutti per far fronte ai numerosi impegni che ci attendono. Particolarmente appassionato, ma lucido nell’analisi è stato l’intervento del compagno Pinuccio Demarcus che ha richiamato tutti all’impegno sui temi del lavoro, in discussione nel consiglio regionale, sull’identità dei comunisti, sulla loro diversità nei comportamenti e nel riproporre la questione morale.

Antonio Litarru

di Marianna Piga

“Risultato di un intenso lavoro ed atto di responsabilità della Provincia, dei datori di lavoro, dei sindacati e delle associazioni”. Sono queste le parole con cui l’Assessore al Lavoro e Formazione della Provincia di Cagliari, Maria Carla Floris, ha illustrato il testo della Convenzione che stabilisce gli accordi tra le aziende private e la Provincia di Cagliari in materia di inserimento lavorativo dei disabili, presentata ieri pomeriggio presso la sede della Confindustria. “Il confronto con le parti sociali, a cui noi politici non dobbiamo mai sottrarci, è l’unica via per approdare a dei risultati concreti- ha detto la Floris- e questo modello di convenzione rappresenta la giusta sintesi delle esigenze e delle istanze avanzate dal tutte le parti interessate”

Grazie a questo nuovo testo di convenzione, l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità diventa un percorso personalizzato, tarato sulla base delle potenzialità e capacità del lavoratore . A tal fine verrà stipulato anche un protocollo con la ASL 8 con cui si definiranno le modalità di collaborazione tra ASL e CSL per garantire, già all’atto dell’iscrizione del disabile alle liste del CSL, il rilascio del certificato della Commissione di cui alla L. 104/92 , che fornisce preziose informazioni circa la capacità lavorativa del disabile.

Tra le principali novità introdotte dalla convenzione, l’opzione di dilazionare nel tempo l’obbligo di assunzione, l’introduzione della possibilità di assunzione a tempo determinato per un minimo di 9 mesi e la chiamata nominativa, stabilendo tempi e modalità per le assunzioni.

“La Provincia di Cagliari – ha concluso l’Assessore Floris- ha preferito non attendere che la Commissione regionale definisse i criteri a cui ispirarsi per definire la convenzione. Ha, quindi, deciso di definire, per l’area di propria competenza territoriale,un proprio modello di convenzione con l’auspicio che le aziende guardino all’assunzione del disabile secondo un’altra ottica: non più ome ad un obbligo sociale imposto dalla legge, ma come ad una possibile risorsa”.

Ai compagni componenti il comitato federale
oggetto: comitato federale del 08/02/2008 alle ore 18’00 presso la sez. Togliatti.

Il comitato federale è convocato in seduta ordinaria per esaminare il seguente o.d.g.:
1) Ricordo del compagno Vincenzo Romano
2) Nomina rappresentane PdCI nella commissione pari opportunità della provincia;
3) Situazione politica in vari comuni della federazione; situazione politica regionale e nazionale.
Vista l’importanza degli argomenti, è indispensabile la tua presenza.

Il segretario federale
Antonio Littarru

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Cari compagni, Vincenzo è prematuramente scomparso.
Il vuoto che lascia tra noi della Federazione di Cagliari è grande così come grande era il suo impegno, insostibuibile sarà il suo contributo. Per onorarne la memoria e per non disperdere il prezioso lavoro da lui portato avanti, abbiamo deciso di mantenere aperto il sito che da oggi dedicheremo a lui. Nell’abbracciare con affetto la famiglia di Vincenzo, destiniamo questo spazio a quanti come noi ne hanno conosciuto e apprezzato l’intelligenza e l’onestà intellettuale e vogliono con un breve messaggio, stringersi idealmente ancora una volta al grande compagno Vincenzo.

”A nome mio personale e del partito dei comunisti italiani invio le mie più sentite condoglianze per la scomparsa del carissimo compagno Vincenzo. Un abbraccio affettuoso.” Oliviero Di liberto

”Vi porgo le mie più sincere condoglianze per la perdita di Vincenzo, valido responsabile organizzazione del partito cagliaritano.” Per il dipartimento organizzazione del PdCi Orazio Licandro

“Vi giungano le più sentite condoglianze per la perdita di Vincenzo da parte della commissione nazionale di garanzia del PdCI.” Vincenzo Calo’

“I compagni della sezione Karl Marx di Assemini si uniscono al dolore di Silvana e famiglia per la scomparsa del caro marito e padre Vincenzo.”

“I compagni e le compagne della federazione di Sassari partecipano sgomenti al vostro dolore.”

“A nome mio personale e di tutti i compagni comunisti del medio campidano esprimiamo a voi il nostro cordoglio per la dipartita del compagno Vincenzo.” Il segretario Efisio Tuveri

“Il segretario e la segreteria regionale dei comunisti italiani si uniscono al dolore di Silvana e della famiglia tutta per la scomparsa del compagno Vincenzo Antonio Romano.”

“Bae in bonora, in su chelu che sias.” I compagni della svizzera

“Il segretario, Pietro Luigi Murtas e tutti gli iscritti della sezione di Isili del Partito dei Comunisti Italiani, partecipano con profonda commozione al dolore della famiglia per l’improvvisa scomparsa dell’amico e compagno Vincenzo Romano e porgono sentite condoglianze.”

08.02.2008 aggiornamento:

“Ciao Vincenzo, ci manchi tanto, ci mancheranno la tua passione, il tuo impegno e la tua onestà intellettuale.” Le compagne e i compagni della Federazione di Cagliari del Partito dei Comunisti Italiani ricordano il compagno Vincenzo Romano e si uniscono al dolore di Silvana, Daniela con Mirko e Matteo, Alessandro con Claudia.

Ci mancherai… Elena Pau e Marco Parodi salutano per l’ultima volta il caro Vincenzo Romano

Il segretario, la Direzione regionale e tutti i compagni del Partito dei Comunisti Italiani partecipano al dolore si Silvana e familiari tutti, per l’improvvisa scomparsa del compagno Vincenzo Romano

Nel ricordare l’impegno politico, le compagne ed i compagni della sez. Togliatti del P.d.C.I. di Cagliari si uniscono al dolore di Silvana e familiari per l’improvvisa scomparsa del caro amico Vincenzo Romano.

La Segreteria del Spi Cgil di Cagliari unitamente a tutti gli iscritti partecipa al dolore della famiglia per l’improvvisa scomparsa del compagno Vincenzo Romano.

Gli amici dell’ Associazione Articolo 21 sezione di Cagliari partecipano commossi al dolore dei familiari per la perdita di Vincenzo Romano ricordandone l’infaticabile impegno civile.

Ciao Vincenzo, è molto triste non poter più contare sulla tua splendida amicizia, sul tuo impegno e la tua intelligenza. Maria Demurtas partecipa al dolore dei familiari per l’improvvisa e prematura scomparsa dell’amica e compagno Vincenzo Romano

Caro Vincenzo, è grande il vuoto che lasci tra noi. Ci mancherà tanto l’amico fraterno su cui poter sempre contare, ci mancherà il compagno esempio di libertà intellettuale, di lealtà e di coerenza politica. Grazie per averci guidato e incoraggiato. Carla e Andrea partecipano commossi al dolore di Silvana, Daniela con Mirko e Matteo, Alessandro con Claudia per la scomparsa del caro compagno Vincenzo Romano.

“Sei stato sempre di una sola opinione e non hai mai dovuto nascondere le tue convinzioni.” L’onestà, il lavoro, l’impegno e l’amore per il partito ti hanno caratterizzato sempre in ogni tua azione. I compagni della Segreteria Federale di Cagliari del Partito dei Comunisti Italiani si uniscono al dolore della famiglia per la scomparsa del caro Vincenzo Romano

Il Comitato per la Difesa della Costituzione di Cagliari saluta l’amico e compagno di tante battaglie Vincenzo A. Romano e partecipa al dolore di Silvana e di tutti i familiari per la grave perdita.

Rosangela Michele e Tore Serra partecipano al dolore di Silvana e familiari tutti per l’improvvisa scomparsa del compagno Vincenzo Romano

“Sei stato un compagno leale, coerente, libero, vero. Hai trasmesso i tuoi ideali e la tua passione a tante e tanti comunisti che non ti dimenticheranno mai. Un ultimo abbraccio”. Vincenzo Romano da Cristina Ibba e da tutte le compagne e i compagni della federazione del P.R.C. di Cagliari.

I compagni della sez. E. Berlinguer di Quartu Sant’Elena sono vicini ai familiari del caro ed inestimabile compagno Vincenzo Romano del quale non dimenticheremo mai le grandi doti umane, morali ed intellettuali; l’infaticabile e insostenibile lavoro profuso per l’affermazione dei principi di eguaglianza e pace.

Nunzia e Pinuccio salutano il caro indimenticabile compagno Vincenzo Romano. Gli sia lieve la terra

MILANO.-Per non irritare, ulteriormente, quella parte di parlamentari teo-dem, teo-con e laici devoti che si troveranno fuori dal Parlamento senza pensione – nonostante abbiamo seguito alla lettera (ed oltre: perinde ac cadaver) le prediche e gli “angelus” papali – due alti prelati, Saraiva Martins e Cheli, imputano – a titolo personale – la caduta del governo “al mancato dialogo coi cattolici” (la Repubblica, 25 gennaio 2008, pag. 10). Tradotto in linguaggio meno curialesco sta a significare: non avete accettato le nostre richieste (dictat) sulla 194, la legge 40 la pillola, eutanasia ed il “sacro ed indissolubile matrimonio cattolico che solo noi possiamo dichiarare nullo?” ; adesso pagatene le conseguenze. Le ragioni dei prelati dagli incarichi fantasiosi, uno prefetto della congregazione per le cause dei Santi (quello della beatificazione dei 480 preti franchisti) , l’altro presidente emerito del pontificio consiglio dei migranti e degli itineranti, non differiscono, a parte gli arresti domiciliari della consorte, da quelli del buon Mastella che pur beneficato da Prodi di parlamentari eletti solo per “calcolate rinunce dei prodiani” gli ha piantato un coltello nella schiena. Di quegli stiletti che, coi braccetti laterali appositamente disegnati, ingannavano i più ingenui dei passanti rendendoli indifesi dalle stilettate di camuffati reverendi quando, nella notte della città di Pietro, dominava il “Papa Re” . Per i due cardinali il mancato dialogo avviene su più piani, ma a leggere bene il Vaticano è scontento perché: non la ha spuntata “sulla famiglia”, – per la quale vuole imporre un unico modello: il proprio – , “sulla scuola” – che vorrebbe ancora più confessionale e finanziata dallo stato che la dovrebbe privatizzare (o clericalizzare?)- , “sulla difesa della vita” che vorrebbe continuare ad amministrare anche durante l’agonia e dopo la morte. Non ci si consideri eretici se ci permettiamo di dire che con l’invenzione del Purgatorio la chiesa completò il controllo del ciclo vitale umano e si arricchì parecchio vendendo anni di sconto purgatoriali direttamente proporzionali agli zecchini e baiocchi versati. Adesso che la Chiesa avrebbe dovuto zittirsi alza il tiro, per dire ai prossimi governati: “Giovanotti, ricordatevi che siamo qui. E che su questo dovete venire a Canossa se volete conservare l’impero”.

 

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PdCI Ufficio Stampa

Roma 25 gennaio 2008

Siamo stati purtroppo buoni profeti. Il governo cade da destra per mano delle defezioni di Mastella e Dini, dietro pressione dei poteri forti. Ma non puo’ sottacersi che una delle cause delle cadute del governo e’ stata la scelta del Pd, che aveva dichiarato conclusa fin d’ora l’esperienza della nostra alleanza. Ringraziamo Romano Prodi e ci dichiariamo indisponibili a qualunque soluzione che snaturi la nostra coalizione nessun governo istituzionale, tecnico, di larghe intese o di altra natura ma elezioni anticipate immediate.

Credo di ricordare che sia stata lei, la bellissima Demi Moore, a volere fare per prima quell’atto “peccaminoso” (anche oggi molti bacchettoni storcono il naso) di mostrare l’esplosione di una maternità felice. Ma non era così prima che una incazzatura divina imponesse la foglia di fico? Furono i primi missionari bigotti a ricoprire le ingenue nudità femminili ed i loro scherani ad infettarle con la sifilide. E da allora è cominciato il controllo, il servaggio, la pudicizia; salvo che per brevi, laidi inconfessabili approcci blasfemi. Perché la carne è debole ed il cilicio un perdono universale. Duemila anni di umiliazioni, accuse, bruciamenti per purificare quel corpo che già di per sé era bello e pulito. E c’era sadica perversione negli atti e negli strumenti di tortura, l’inconscia vendetta di chi brama, ma è impedito nel godimento sessuale spontaneo; c’è la repressione violenta quanto più violento è l’insoddisfatto desiderio represso. Oggi la tenaglia rovente è bandita come la lama che asporta un seno. Ma rimane il desiderio di dominio di un’educazione repressa, di bambinone cresciuto cui è mancato il contato col seno di una madre sfiancata dalla fatica. Non portano più cappucci sulle tonache immacolate, non agiscono nelle segrete del capitano della guardia. Si aggirano, in camici verdi per lunghi corridoi o con cravatte alla moda nelle bouvettes dei parlamenti. Ma sono loro. I depositari millenari di un poter perverso che ha già condannato e continuerà a condannare. E sono accompagnati da pie donne dal cuore ancora più duro che artigliano con maggior convinzione. E sono lì a fare calcoli di giorni e di mesi, di cellule e embrioni (di cui – in genere – ignorano tutto), a sbeffeggiare lo studio ed il libro, satanici strumenti di una conoscenza che non possono controllare. Il motto più odioso, perché hanno convinto le folle: « la Scienza ha i suoi stessi limiti: imposti da Dio» che nemmeno conoscono e tradiscono nei loro imbrogliucci quotidiani che sono leciti perché “così fan tutti”. Imbrigliano la odiata Scienza nelle catene di una morale creata per renderla serva. L’odiano per i progressi passati e futuri salvo implorarla per se stessi quando la falce della Vecchia Signora s’accinge a spiccare dal corpo la loro inutile testa. Ma lottano contro l’ineluttabile. Leggi blasfeme orrido prodotto di congiure contro corpi che anelano alla vita e rifiutano la sofferenza , cadono all’impatto della vita reale ch’essi non possono controllare. Continua a leggere »

APPELLO DI SOLIDARIETÀ CON I COLLEGHI (E GLI STUDENTI) DELLA “SAPIENZA” DI ROMA

A proposito dei fatti relativi alla rinuncia di papa Benedetto XVI alla visita e al discorso all’Università Sapienza di Roma, in occasione della solenne inaugurazione dell’anno accademico, i sottoscritti, docenti, ricercatori e studiosi in formazione negli atenei italiani e nelle altre istituzioni scientifiche, esprimono la più ferma e convinta solidarietà ai colleghi sottoposti nelle ultime giornate a un linciaggio morale, intellettuale e persino politico, senza precedenti. Noi firmatari di questo Appello di solidarietà affermiamo che ci saremmo comportati come i 67 docenti della Sapienza, in nome della libertà della ricerca e della scienza. Se essi sono “cattivi maestri”, come più d’uno li ha bollati, ebbene, lo siamo anche noi. L’invito al papa in occasione dell’apertura dell’anno accademico costituisce offesa al sapere scientifico, ovvero un esecrabile cedimento nei confronti di un preteso principio d’autorità. I colleghi della Sapienza, lungi dall’“impedire al papa di parlare” hanno semplicemente contestato l’opportunità di far inaugurare l’anno accademico – ossia il momento più solenne nella vita di un ateneo – da un capo religioso, e nel contempo capo di Stato straniero, confessionale. Tanto più che trattasi di un papa che ha espresso in reiterate occasioni l’idea che la ragione non possa che essere subordinata alla fede, la scienza alla religione, e ha assunto gravi prese di posizione che, mentre smantellano la Chiesa del Concilio Vaticano II, costituiscono continue, pesanti ingerenze nella sfera delle istituzioni politiche nazionali, dalle quali non sono giunte, generalmente, le opportune risposte. In ogni caso, la protesta dei colleghi non contro Benedetto XVI era diretta, ma innanzi tutto contro l’autorità accademica che ha commesso la leggerezza di invitare un’autorità religiosa a una cerimonia che deve essere rigorosamente laica; tanto più sbagliato, il gesto del rettore della Sapienza, in quanto ormai l’Italia è un Paese multietnico e multireligioso e ciò nonostante un regime concordatario, obsoleto anche nelle sue revisioni, che continua a privare le scuole pubbliche non universitarie della possibilità di un approccio comparativo al mondo delle religioni assegnando invece la priorità esclusiva all’insegnamento della religione cattolica. E il papa di Roma rappresenta soltanto una parte dell’opinione pubblica, anche di quella aderente a una fede religiosa. Si aggiunga l’atteggiamento di vera e propria subalternità mostrata dalle autorità accademiche, di concerto con quelle ecclesiastiche, e dal coro mediatico che ne ha accompagnato le scelte: inaccettabile, ovviamente, era la pretesa che a Ratzinger fosse riservata una zona franca, in cui le espressioni di dissenso dovessero essere impedite, quasi forme di delitto di lesa maestà. Noi sottoscritti, davanti alla campagna mediatica in atto, esprimiamo la più vibrata protesta e la più ferma preoccupazione per le parole che abbiamo letto e ascoltato in questi giorni, in un penoso unanimismo di testate giornalistiche e di forze politiche. Ci impegniamo, accanto ai colleghi della Sapienza e di tutti gli studiosi e gli studenti che con rigore e passione lavorano, e studiano, nelle istituzioni universitarie e scientifiche italiane, a lottare, con la fermezza e la costanza necessaria – ben oltre questo episodio – perché venga salvaguardato, in un Paese che sembra voler pericolosamente regredire all’epoca del “papa re”, la libertà della ricerca scientifica, in ogni ambito, da ipoteche fideistiche e da nuovi e vecchi princìpi d’autorità.

Torino, 16 gennaio 2008 Angelo d’Orsi (prof. Storia del pensiero politico, Università di Torino)

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In concomitanza del tradimento di Mastella che chiede al Governo di consolarlo e coprire le marachelle di famiglia, la CEI , come il soldato sotto la croce, affonda la lancia nel costato di Prodi per accertarne e accelerarne la morte.
La proposta sarebbe di fare punto e a capo. Ritornare alla legge delle Guarantigie e attendere di vedere se, a differenza di Bismark, Bush (che tanto gli piacciono le invasioni) voglia accogliere un eventuale appello di dichiarare guerra allo stato Italiano che tanto, come pontifica Bagnasco è : “sfilacciato, frammentato”, “ridotto a coriandoli”. Altro che 194, legge che funziona alla perfezione, se tagliando s’ha da fare è ai patti Lateransi voluti dal “Duce del fascismo” per rafforzarsi un regime che solo le tonache, anch’esse nere come la camicie dei suoi picchiatori – vedi l’ironia della storia – potevano pubblicizzare dai pulpiti. Se fossimo dei credenti dovremmo osannare Oliviero Diliberto. Le sue profezie si stanno compiendo meglio e più puntuali di quelle di Elia. «Non saranno i Comunisti a fare cadere il governo Prodi» – diceva a Cagliari il 17 novembre – «ma nell’ordine, Mastella, il Vaticano e gli altri poteri forti: Confindustria e la politica estera americana». Una profezia direbbero i laici-fedeli perché, intenti a spartir poltrone, ingraziarsi il Papa e accontentare banche e finanza, di analisi politiche non solo non ne fanno, ma non ne sanno fare. Torniamo al punto. Papa, Vaticano e CEI hanno rotto, con la scusa del primato etico, quei patti che il solo Benedetto Croce contrastò perche: «gli ripugnava quella particolare conciliazione, effettuata non con un’Italia libera, ma con un’Italia serva, e per mezzo dell’uomo che l’aveva asservita il quale compiva quell’atto fuori da ogni spirito di religione e di pace, ma solo per trarne nuovo prestigio e rafforzare la sua tirannia». Questo è il vichiano ripetersi dei cicli della storia.
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Da ormai molto tempo arrivano al sito, con “cortese richiesta di pubblicazione”, testi di vario genere. C’è un autore, per esempio, che scrive al nostro indirizzo e, per conoscenza al Comando generale dell’Arma dei Carabinieri e all’ “URP” della Polizia di Stato, si riveste di un altro grado militare (può darsi che lo abbia) e mi sottopone progetti e statistiche su apparecchiature termodinamiche per abbattere l’inquinamento. Altri, con cadenza periodica, inviano progetti per un “buon governo” e non capisco perché non li indirizzino a Palazzo Chigi. C’è chi invia poesie o lunghe cronache di fatti della propria zona. Per norma, pubblichiamo solamente editoriali o elzeviri di nostri invitati. Ma accade talvolta, e questa è una di quelle, che l’idea, l’argomento, la stravaganza del contenuto siano talmente allettanti od originali, che ti dici: «Ma si, per questo vale la pena». Da qualche giorno inizio a leggere, interrompo, ma poi ricomincio, un pezzo gustoso, o almeno strambo che mi diverte e contemporaneamente mi inibisce. Mi tenta e allo stesso tempo mi dissuade. Alla fine lo ho battezzato (era senza titolo) in questa maniera:

«È possibile che in politica qualcuno si comporti come Cartier e pretenda l’esclusiva del marchio?»

Vi invio questo mio intervento con la certezza che lo cestinerete, ma chi se ne frega (anche se spero me lo pubblicherete). Non che io parli dei fatti vostri perché essendo anche io un comunista penso di parlare dei fatti miei anche se di una appartenenza diversa dalla vostra. Ma accade dappertutto che vi sia – dopo il grande pianto di Occhetto col naso infilato in quel mazzo di rose – la diaspora comunista dopo quella del popolo ebreo. E io a questa mi riferisco per causa dei fatti che ormai sono diventati noti alla pubblica opinione da quando due circoli comunisti si contendono il piatto di lenticchie che li farebbe figli di Isacco con tutti i diritti annessi e connessi. Voi la storia la sapete, Giacobbe era una specie di tontorollone che se ne stava sempre sotto le gonne della mamma Rebecca e lavorava a casa senza chiedere niente. Esaù era invece un cacciatore spavaldo che, sicuro dell’eredità che gli spettava per diritto di nascita, se ne girava per monti e per valli divertendosi e trattando Giacobbe come un fratello scemo. Il pezzo più importante dell’eredità, quello che ti dava il potere su tutto era un sigillo a forma tonda che costituiva una specie di impronta di famiglia. Oggi lo chiamerebbero “Logo” oppure, i più raffinati, «la griffe». Metti conto quella specie di marchio che ti dà “l’esclusiva” su un prodotto. E siccome nell’economia moderna e nella moda conta la “griffe” e chi la possiede, Esaù se ne andava sicuro perché lui ci aveva l’esclusiva di famiglia. Come accade in tutte le famiglie dove uno lavora ed un altro se la spassa anche in quella casa non accadde diversamente e spendi e spandi senza mettere niente da parte successe che Esaù si trovo affamato e vedendo che Giacobbe si era fatto un grande piatto di lenticchie, sicuro di prenderlo per il sedere gli disse: «Se mi dai quel piatto di lenticchie, io ti do il logo (che poi era la famosa esclusiva del marchio)». Giacobbe, che in tutti quegli anni di duro lavoro si era fatto furbo gli rispose: «Prenditi le lenticchie che io mi uso la griffe». Raccontano anche che Esaù fece un casino da pazzi per riprendersi la griffe dopo essersi mangiato i fagioli, ma Giacobbe – nel frattempo – si era sposato con Rachele e da lei e dalle schiave aveva avuto dodici figli dai quali erano nate dodici tribù. Un casino di gente insomma che tutti dicevano :« Stai attento a non metterti contro le dodici tribù di Israel (che era il nuovo nome di Gacobbe) che ci puoi anche rimettere le corna». La storia dura ancora e pare che Esaù abbia richiesto “il giudizio di Dio” roba che si fa da quelle parti, ma siccome è uno sventato che pensa poco si è dimenticato di una cosa : «Israel significa proprio: uomo che lotta insieme con Dio»

di Carlo Dore jr.

Le dimissioni del Ministro della Giustizia Clemente Mastella hanno riproposto all’attenzione dell’opinione pubblica il delicatissimo tema dei rapporti tra potere politico e potere giudiziario, colpevolmente accantonato dall’attuale maggioranza di governo dopo le roventi polemiche che avevano contraddistinto la precedente legislatura.
L’ultimo atto di accusa dell’ex Guardasigilli – che dinanzi alla Camera dei Deputati ha denunciato l’esistenza di una cospirazione messa in atto nei suoi confronti da quelle “frange estremiste” della Magistratura da sempre impegnate nell’attuazione di un progetto eversivo volto a pregiudicare il sereno svolgimento della vita istituzionale del Paese – ha incontrato il totale consenso dei principali esponenti dell’opposizione di centro-destra, dimostratisi ancora una volta implacabili nell’invocare a reti unificate l’approvazione di misure idonee a paralizzare l’azione delle toghe militanti.
Di fronte ad un simile status quo, il buon senso e l’equilibrio che sempre caratterizzano le dichiarazioni di Anna Finocchiaro, la quale ha manifestato la necessità di evitare che “le lancette dell’orologio della Storia vengano riportate indietro di quindici anni”, che l’apertura di una nuova stagione di conflitto tra politica e Magistratura favorisca la restaurazione di quel diffuso clima di sfiducia verso le Istituzioni che si respirava durante gli Anni di fango, non sono sufficienti a cancellare la sottile sensazione di amarezza che tanto l’autodifesa pubblica del segretario dell’Udeur quanto i successivi interventi di Bondi, Fini e Casini hanno destato nell’animo di ogni sincero democratico. Continua a leggere »

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Vincenzo A. Romano

In ogni momento del mondo e del tempo una figura di donna compie la sua veglia funebre. La faceva Giuseppina Marcias quando Antonio, condannato al confino da un regime assassino e liberticida, le scriveva parole di fuoco per avere richiesto la grazia a Benito Mussolini. C’è sempre una mamma in Biafra o Darfour che tiene fra braccia scheletrite un corpicino spento dall’inedia causata da un uomo che ingrassa lontano migliaia di miglia succhiando la vita del bimbo con una pipeline fatta di tanti piccoli corpicini accumulati nei secoli dello sfruttamento assassino. Era conseguenza logica di una visione del mondo diviso in classi quella che faceva vedere – già nel 1848 – a Marx ed Engels, intenti a scrivere il loro Manifesto, la mondializzazione del lavoro e del commercio, l’eterno irrisolto conflitto della lotta di classe fra coloro che erano padroni e chi ne veniva sfruttato. Tutto si è consumato nell’arco del «Secolo Breve» dalla Catastrofe , all’Età dell’oro, sino alla Frana. Settantasette anni in cui tutto è accaduto. Continua a leggere »

Nonostante la protesta dei consiglieri di minoranza (alcuni impegnati nell’operazione antisolidale di sgravare la Campania dalla insostenibile situazione emergenziale ; una volta la Sardegna era sempre in primo piano in queste azioni di aiuto e assistenza, mentre ora si attendono i rinforzi di personaggi come Borghezio dediti a fomentare separazioni), la Finanziaria 2008 è stata licenziata in commissione bilancio. Dato il  via libera al testo rimangono circa dieci giorni per la predisposizione delle relazioni di accompagnamento. Insensibili alla legge fondamentale per l’economia dell’Isola i mezzi di comunicazione  si sono lanciati sulla notizia dei rifiuti campani , alcuni scatenandosi in vere e proprie campagne di terrorismo gratuito, avendo già dimenticato la richiesta di solidarietà per la l’agricoltura sarda lanciata a gran voce sino a qualche giorno fa. Pdci e PRC si dichiarano alquanto soddisfatti degli aspetti tecnici mentre impegneranno le proprie forze per elaborare e portare avanti nei prossimi giorni proposte di soluzione per quei problemi che rimangono basilari per la Sinistra. In riunione di maggioranza si porteranno avanti le tematiche del lavoro e dell’occupazione, gli strumenti per combattere le nuove povertà  e il precariato fermo restando un sano impegno per il rilancio della produzione e la soluzione delle problematiche che stanno portando alla perdita dei posti di lavoro per l’abbandono e la delocalizzazione di industrie che erano state un fiore all’occhiello dell’economia isolana.

“Bisogna accogliere la richiesta del governo Prodi per quanto riguarda l’emergenza rifiuti. Perchè ritengo che detto prevedimento sia legittimo e necessario quando una situazione diviene per la popolazione sempre più intollerabile, sotto tutti i punti di vista , compresi quelli che riguardano non solo la sanità, ma anche la sicurezza e l’ordine pubblico. I problemi del settore rifiuti e le periodiche richieste per l’ applicazione di misure straordinarie, oggi per la Regione Campania in un prossimo futuro potrebbe essere richiesta per la Regione Sardegna deve essere discusso e oggetto di un attento esame in Consiglio regionale”. Lo ha detto il Consigliere regionale Tore Serra (PDCI- COMUNISTI ITALIANI), che condivide la decisione del Presidente Soru affinché la Sardegna insieme ad altre regioni e nazioni, nei limiti e condizioni possibili per un razionale smaltimento e riciclo, partecipi al fine di ripristinare subito la normalità ciò non toglie che i responsabili siano chiamati a pagare:Bassolino e Iervolino sono tra i principali responsabili.

“Gli impegni a salvaguardia dell’ambiente devono essere fatti attraverso scelte chiare e condivise, costruendo il consenso nei territori attraverso un’informazione corretta e puntuale nei confronti delle popolazioni interessate e questi devono essere – ha sottolineato Tore Serra – rispettati. Bisogna trovare il coraggio di trovare soluzioni e alternative. La proposta di utilizzare per lo smaltimento dei rifiuti la tecnologia della termovalorizzazione potrebbe essere una soluzione ma perché non verificare nuovi sistemi già sperimentati che permettono di risolvere il problema con un impatto ambientale decisamente minore e che costano molto meno rispetto ai termovalorizzatori. A tal proposito, conclude l’on. Serra non bisogna confondere le emergenze con le soluzioni da adottare che non hanno colpe per i disservizi e non possono essere accolte con soluzioni affrettate e frettolose . Si rischia, che ricorrendo gli allarmismi non si tengano conto dei costi sociali e non vengono rispettando gli impegni con le popolazioni e di far perdere credibilità alle Istituzioni”.

asino che ragliaQuesta volta siamo incazzati e, poiché sappiamo, niente sarà indolore salvo l’integrità del Partito.Nel periodo di massimo fulgore della federazione che rappresentiamo, dopo decine di iniziative, successi, radicamento nel territorio e non ultimo il successo di questo sito (poi ne daremo conto) si è scatenata, contro la Federazione di Cagliari –che sta conducendo un proficuo, eccellente e valido lavoro per la unificazione della Sinistra – ;una guerra sorda , anonima e vigliacca con la quale vengono attaccati coloro che si ritengono i capisaldi da scardinare pur di ottenere la distruzione della più bella ed attiva federazione che il Partito vanti nell’Isola. E’ vero che i ragli degli asini non salgono al cielo, ma con internet costoro li inviano ugualmente. Una volta c’era stata la guerra del Guestbook (nome che sta –di norma- a luogo per lasciar messaggi e complimenti oppure stroncature , ma per quelle ci vuol ben altro che quattro ignorantelli che blaterano sguaiataggini). Il mondo di internet è tutto, il luogo del pedofilo schifoso, il sito letterario, la pagina da cui Severino si spiega Parmenide o il superdotato informatico come rivoluzionare una pagina CSS. Ma è anche il luogo del solipsismo, della poesia e della politica. Poi ci sono i balordi disturbatori, in gergo i “troll” ed i cretini integrali. La rete li assorbe tutti, tutti li evidenzia, alcuni li fa morire per inedia intellettuale, altri li esalta, la massa la assorbe nell’anonimato che rende gli autori gretti e cattivi. I troll, se non riescono a fare i troll si incazzano più degli altri perché si sentono pidocchi respinti. Durante la guerra i soldati mettevano un coperchio di lucido da scarpe su uno stoppino e sul fondo rovente ce li buttavano facendoli scoppiare con puzzo di troll. Impediti di pubblicazione si danno allo sport della lettera anonima e se un sito ha successo lo attaccano diversamente. Metti che tu abbia il ghiribizzo di pubblicare un bel culetto accanto alla falce e martello: Apriti cielo. Scrivono subito una lettera anonima cercando di colpire a fondo. “Pubblicare un culo sul sito di partito è depravato” scrivono. Nel frattempo – e magari quando la moglie si gira dall’altra parte- cercano di palpare quello della compagna accanto. (Noi abbiamo il torto, per i nostri troll di avere 35.000 hits in 3 mesi, questo li rende furiosi)

Eravamo a metà degli anni 50 o poco più su. Si menavano grandi legnate fra la “Casa del Popolo” di *** e i giovanottoni della canonica quando questi venivano a sfottere portando un giornaletto; si chiamava il “Falco Verde” ed aveva per protagonista un marcantonio con la tesa del cappello abbassata che dava – di notte e al chiaro di luna – la caccia ai comunisti che attaccavano i manifesti di Stalin. La cosa veniva ricambiata quando dalla Casa del Popolo partivano altrettanto baldi giovanotti con robusti bastoni coi quali tiravano giù a legnate, dalle scale a pioli, quei santi ragazzi che attaccavano foto di De Gasperi e la Pira. Quello che mi accomuna nel ricordo Parrocchia e Casa del popolo, noi ragazzi avevamo libero transito in entrambe, era un certo afrore, un misto di sudore , vino e odore di piedi. Era il gorgonzola che, spalmato indifferentemente su pani comunisti e democristiani sfamava gli attacchinatori più fortunati chè gli altri si dovevano far tamponare graffi o cucire tagli. Il vino correva forte e robusto, cannonau di quello buono, ed il sapore acre del gorgonzola stimolava il bere, forse un po’ troppo che poi anche fra i compagni si finiva a botte e lo stesso accadeva in parrocchia dove però erano botte benedette, mentre da noi il capoccia rimetteva le cose a posto con un paio di sganassoni. Ero un ragazzetto ed il gorgonzola non mi piaceva come ho avuto modo di scrivere altrove, ma col passar del tempo cominciai ad apprezzarlo magari in vigna dopo un’assolata giornata trascorsa a raccogliere grappoli e separare pampini. Ora, il gorgonzola, lo mangiano i ricchi – con quello che costa – in ristoranti con ammiccanti camerieri che traguardano nella scollatura della topona di turno, con tanto di filmato.

di Alberta Xodo
Roma 8 gennaio 2008

Ancora una volta a discutere del corpo delle donne. Ancora una volta a discutere sul corpo delle donne. Ancora una volta a trattarlo come se fosse merce di scambio. Ancora una volta a dire al Vaticano chi tra i partiti è il suo migliore amico. Ancora una volta a stringere amicizie passando sopra al nostro corpo e alla sua straordinaria capacità di dare la vita. Talmente favoloso questo corpo, che tutti cercano di metterci le mani sopra, di imporci di nasconderlo, mostrarlo, di infilarci a forza tre embrioni dopo averlo bombardato chimicamente, violentarlo impunemente per ragioni culturali, picchiarlo, ucciderlo. Nel caso specifico imporgli una gravidanza. Si dimentica sempre che quel corpo appartiene ad una persona, che è corpo cuore e mente. Che è donna. E da donna decide – finalmente – come gestire quel corpo, liberamente e consapevolmente, nonostante i tentativi mitraglianti di controllo che il patriarcato ha scatenato. Non si sono rassegnati ad aver perso. Noi non ci siamo stufate di aver vinto. Continua a leggere »